mercoledì 14 gennaio 2015

Recensione - Akame ga kill!

Dopo più di un anno, finalmente torno a scrivere qui per parlare di una serie conclusasi da poco che ha fatto discutere abbastanza gli spettatori. Si tratta di Akame ga kill!, anime del 2014 prodotto dalla White Fox e basato sull'omonimo manga attualmente in corso di pubblicazione su Gangan Joker.


AVVISO: Possibile presenza di spoiler significativi riguardo la trama da qui in avanti.

L'anime è composto da 24 episodi ed ha come protagonista Tatsumi, giovane proveniente da uno sperduto e poverissimo villaggio all'interno di un impero sconfinato. Il ragazzo decide di partire verso la capitale col preciso intento di fare fortuna: spera che la gigantesca capitale, con le sue mille opportunità, gli dia la possibilità di diventare ricco e famoso e di potere così fornire dei mezzi di sostentamento per le persone del suo paesino.
Raggiunta la sua destinazione, Tatsumi viene generosamente ospitato da una famiglia di nobili, i quali però si rivelano essere l'opposto di ciò che vogliono mostrare: persone spietate, amano accogliere ignari viandanti con la scusa di offrire loro ospitalità per poi farli prigionieri e torturarli. Tatsumi riesce a scoprire tutto ciò grazie ai Night Raid, un gruppo di assassini molto noti nella capitale. Inizialmente restio ad unirsi a loro, Tatsumi cambia idea quando si rende conto delle condizioni in cui versa la capitale: una città gigantesca ma corrotta, dove i ricchi sono sempre più ricchi e potenti e i poveri sempre più miserabili. Tutto ciò è causato principalmente dall'influenza che l'avido Primo Ministro Onest ha sul giovanissimo imperatore, un ragazzino inadatto a governare che non si rende conto di ciò che avviene al di fuori del suo palazzo e che è convinto dall'infido Ministro che il gruppo di ribelli che sta combattendo per riportare giustizia nell'Impero siano solo dei rivoltosi che non rispettano la sua autorità. I Night Raid hanno una parte di non piccola importanza all'interno della ribellione: essi sono infatti un gruppo segreto infiltrato nella capitale che si deve occupare di spionaggio e omicidi per conto della rivoluzione.
Desideroso di cambiare l'impero, Tatsumi si unisce ai Night Raid, che per lui cominciano a diventare quasi una famiglia...

Parlare di questa serie è per me estremamente difficile. All'inizio mi aveva attratto molto grazie ad una trama che, sebbene non originale, prometteva dei risvolti interessanti: un impero corrotto vicino alla decadenza, assassini che animati da varie motivazioni si uniscono per cambiare le cose, momenti di ironia che se gestiti bene non fanno mai male...peccato tutte queste siano state quasi tutte inattese col procedere degli episodi.
Innanzitutto, parto subito col mettere in rilievo quello che anche altri prima di me hanno considerato essere il problema di fondo di questa serie. Questo è di fatto uno shounen che vuole essere un seinen ma non ci riesce completamente. Uno shounen per il tipo di umorismo che lo caratterizza, per lo sviluppo del rapporto tra i personaggi (che sono tutti caratterizzati e disegnati in maniera da essere subito riconoscibili) e soprattutto per i power up rappresentati dalle Arme Imperiali, tutte con caratteristiche particolari e che regalano poteri veramente esagerati ai loro possessori. Un seinen senza dubbio per gli elementi vagamente splatter che ogni tanto compaiono giusto per ricordare allo spettatore che si tratta di una storia seria, in cui le persone muoiono e lottano per qualcosa in cui credono profondamente. Il punto è che facendo così si finisce inevitabilmente per creare una grossa confusione: da un lato c'è questa componente che tenta di essere matura e di inserire elementi quali, la lotta per il potere, il contrasto tra bene e male, il riflettere sui propri principi e su ciò in cui si crede, ma dall'altro tutto ciò sfuma quando incappiamo in alcune scenette che sembrano prese da una commedia scolastica (spiare le ragazze al bagno, lite comica tra futuri fidanzatini,...).
Probabilmente l'elemento splatter sopra accennato serviva non solo a stupire lo spettatore, ma anche per aggiungere dramma sul dramma non appena si vedeva il proprio personaggio preferito morire di una morta estremamente sanguinosa. Effetto usato spesso anche in altre opere (pensiamo a L'attacco dei giganti, dove le morti-splatter la fanno da padrone), ma che purtroppo qua viene sminuito nel momento in cui si entra nel meccanismo del "morto della settimana". Si può notare infatti come ad un certo punto i morti si susseguano uno dopo l'altro lungo una decina di episodi. Non c'è il tempo per dispiacersi o portare il lutto: ci sono altri in fila che stanno aspettando di lasciarci le penne! Tutto ciò, oltre che rendere Akame ga kill!, nelle parole di alcuni fan, il Game of Thrones giapponese, sminuisce l'effetto l'effetto drammatico che provoca la dipartita di un personaggio, rendendola una cosa di routine: ad un certo punto mi sono messa scommettere col mio ragazzo su chi sarebbe stato il prossimo a morire, e ci ho sempre quasi beccato: in fondo non è poi così difficile indovinare! Basta aspettare che facciano un flashback sul passato di qualcuno dei personaggi per intuire che lui o lei moriranno nel giro di pochissimo.
Questo mi porta ad un altro problema: i personaggi. Veramente pochi di essi sono veramente approfonditi nel corso della serie. La maggior parte di loro si susseguono lungo gli episodi senza rimanerci impressi, nonostante le loro dipartite spesso siano così scioccanti: ad un certo punto mi è venuto il dubbio che l'unione "flashback straziante+morte splatter" sia stata adottata per sopperire alla mancanza di una vera caratterizzazione dei personaggi, per far sì che il pubblico si affezionasse a loro nonostante la loro presenza nella serie non fosse così significativa. Il punto è che non basta dare ad un personaggio un passato triste: se vuoi che il pubblico si affezioni a lui devi essere in grado di svilupparlo bene per tutto il tempo in cui esso compare sullo schermo (e, a volte, anche quando non compare). Prendiamo il personaggio di Bulat: ex soldato divenuto disertore dopo l'arresto del suo mentore, si unisce ai Night Raid diventandone uno dei membri più forti grazie anche alla sua Arma Imperiale, l'armatura Excursio. Quando Tatsumi si unisce al gruppo si affeziona subito a lui e lo invita a trattarlo come un fratello maggiore. Alla sua morte Tatsumi eredita la sua armatura e (si presume) lo spirito combattivo, Tutto questo ricorda (involontariamente, credo), il tipo di rapporto che si sviluppa tra Simon e Kamina in Gurren Lagann. Peccato che in Gurren Lagann il rapporto fraterno tra Simon e Kamina sia tra i temi centrali della storia: per Simon Kamina è un fratello maggiore acquisito che non ha mai smesso di avere fiducia in lui; il suo esempio è ciò che aiuta Simon a crescere e a capire che può farcela. Anche per Kamina Simon è ugualmente importante: nonostante all'apparenza Simon sembri un tipo tranquillo, quasi anonimo, per lui è invece un elemento importante della squadra, il fratello minore che ha sempre avuto fiducia in lui anche nei momenti più bui. Sa che è anche grazie al supporto di Simon se lui è riuscito a diventare una guida per tutti ed è il primo a riconoscere nel ragazzo grandissime capacità che deve però essere in grado di manifestare. Un rapporto stupendo, che purtroppo in Akame ga kill! non riesce ad essere replicato: Bulat e Tatsumi del resto rimangono insieme per pochissimo tempo e non risulta credibile che la  morte di Bulat abbia avuto su Tatsumi un impatto più grande rispetto a quella di Kamina su Simon. Bulat non possiede nemmeno il carisma di Kamina, la cui presenza si fa sentire anche nella seconda parte della serie, per cui ci viene difficile sentirne la mancanza ogni volta che Tatsumi lo ricorda.
Lui è fondamentalmente inarrivabile
Viene inoltre difficile riuscire ad immedesimarsi nelle situazioni di dolore di alcuni personaggi quando questi sono presentati come degli psicopatici senza speranza. Non sto parlando di Esdeath (il cui sadismo è comunque abbastanza comprensibile, vista anche la sua concezione del mondo), ma di un personaggio come Seryu, membro della squadra degli Jaeger: è difficilissimo simpatizzare per una come lei, ed è davvero poco credibile per noi pensare che Wave ne senta sul serio la mancanza, vista la maniera totalmente folle in cui si comporta nella maggior parte delle sue apparizioni. È senza dubbio un peccato, perché l'idea di presentare gli Jaeger, gruppo formato da Esdeath con lo scopo di contrastare la ribellione, come una specie di "specchio" dei Night Raid, un gruppo di nemici ma con dinamiche di squadra simili alle loro, dove si sviluppano forti rapporti di amicizia, era sicuramente buona e avrebbe dato l'opportunità al pubblico di vedere i lati positivi e negativi di entrambi i gruppi, aiutandoci a comprendere meglio le ragioni delle loro scelte. Purtroppo questa occasione è andata sprecata e membri degli Jaeger che avrebbero potuto dimostrare di essere lì non semplicemente per una visione distorta di giustizia sono letteralmente stati messi da parte e dimenticati fino agli ultimi minuti della serie, come Run: ex maestro pacifista che vuole cambiare l'impero dall'interno senza spargimenti di sangue, ma di cui conosciamo i nobili scopi solo alla fine.
Riesco subito a simpatizzare per lei
Ammetto comunque che mi sono ricordata chi era la protagonista della serie solo negli ultimi due episodi. Akame, la misteriosa spadaccina, allevata assieme alla sorella per uccidere, ex membro di un corpo speciale imperiale, disertrice dopo essersi resa conto di non voler più stare al gioco dell'impero, sembra all'inizio essere uno di quei classici personaggi freddi e cinici a causa del suo passato (che è effettivamente molto triste, se pensiamo a quello che hanno passato lei e la sorella Kurome), ma rivela un lato che io ho trovato estremamente dolce: è una persona sicuramente addestrata a tenere sempre alta la concentrazione, ma che sa prendersi cura degli altri e che tiene molto ai suoi amici. Mi spiace solo che spesso sia messa da parte perché la serie tende di più a focalizzarsi su Tatsumi, il "novellino" che deve scoprire tutto sul mondo di cui è entrato a far parte.
So anche che una delle cose criticate da chi ha visto la serie è stato un certo anacronismo e una scarsa cura per i dettagli. Per quanto riguarda l'anacronismo, credo si riferissero al fatto che nonostante l'ambientazione chiaramente pseudo-medievale, potevamo vedere molti personaggi con vestiti o accessori moderni (come Chelsea e le sue cuffie). Personalmente non mi ha molto infastidito come cosa: l'anime chiaramente non aveva pretese di veridicità storica e l'ambientazione in una sorta di "mondo alternativo" effettivamente poteva permettere ai creatori di sbizzarrirsi un po' di più per quanto riguarda oggetti di uso comune e abiti. Capisco forse di più la critica che riguardava l'uso, in un mondo chiaramente ispirato all'Occidente, delle classiche bacchette orientali al posto della forchetta, ma del resto nella serie la protagonista impugna una katana...Un po' più grave secondo me è stato vedere questo gruppo di assassini ignorare completamente il fatto che dovevano mantenere una certa riservatezza per andare allegramente in città a fare shopping: capisco il fatto di dover mantenere una copertura, ma anche quando le loro facce erano state rese note bastava un cappuccio per poter girare con tranquillità! Questo mi è sembrato veramente poco accurato, come se si stesse ignorando completamente che i Night Raid fossero comunque ricercati.
Dal lato tecnico invece mi sono sembrate molto fluide le animazioni, specie durante le sequenze dei combattimenti, che sono comunque sempre molto belli da seguire. Non ho apprezzato molto alcune scelte per quanto riguarda alcuni colori troppo brillanti: il rosa dei capelli di Mine e il verde di quelli di Lubbock mi hanno ricordato veramente troppo alcuni colori che mi è capitato di vedere in alcune serie per bambini, il che secondo me ha contribuito a sminuire l'effetto di serie adulta che si voleva dare.
Le sigle di apertura sono: per i primi quattordici episodi "Skyreach" di Sora Amamiya e per i restanti "Liar Mask" di Rika Mayama. Ho apprezzato la prima in particolar modo: nonostante sia una sigla abbastanza semplice, che si limita a presentare quelli che per la prima parte della serie sono i personaggi principali, l'ho trovata animata molto bene, con un buon mix tra animazione e musica.
Le sigle di chiusura sono "Konna sekai, shiritakunakatta" di Miku Sawai e "Tsuki Akari" di Sora Amamiya. Devo ammettere che queste due non mi sono rimaste impresse molto, anche se devo dire che ho preferito la prima delle due, con i personaggi da soli su vari sfondi, da una camera ad un bar.

In definitiva, ritengo Akame ga kill! una mezza delusione. A fianco di aspetti tecnici sicuramente molto positivi ve ne sono altri legati alla trama e ai personaggi che mi sono piaciuti meno. Probabilmente alcune scelte infelici sono dovute al fatto che il manga attualmente è ancora in corso e la White Fox, per realizzare una serie di 24 episodi, ha dovuto modificare (anche in maniera pesante, in base ad alcuni spoiler che ho letto) alcune cose per dare una sua conclusione alla storia, ma forse si è lasciata prendere una po' la mano.
Non un prodotto da buttare, ma sicuramente non la rivelazione dell'anno.

mercoledì 4 settembre 2013

Fate/Stay Night

Quando penso all'anime di cui ho intenzione di parlare oggi, mi viene rabbia. Non perchè non mi sia piaciuto (tutt'altro!), ma perchè penso che in alcuni punti sia stato una gran bella occasione sprecata. Sto parlando di Fate/Stay Night, anime prodotto dalla STUDIO DEEN basato su una visual novel creata dalla giapponese Type-Moon. Visual novel di un certo successo, dato che negli ultimi anni oltre a questo anime sono usciti un film, videogiochi, una serie di light novel, un'altra serie animata ad opera della ufotable, mentre in questi ultimi tempi si parlava di un possibile quarto anime sul terzo arco possibile da visionare nel videogioco (fonti qui e qui). Oh, quasi dimenticavo: è anche alla base di uno dei meme più famosi tra gli appassionati di anime:

Eccolo, così ce lo leviamo di torno subito.
Inizialmente volevo dividere questo post in due parti: la prima in cui avrei parlato di Fate/Stay night, mentre nella seconda mi sarei soffermata su Unlimited Blade Works, il film basato sul secondo arco narrativo del gioco. Dato però che il post sarebbe stato veramente troppo lungo rimando le mie considerazioni sul film ad un'altra volta. Per ora concentriamoci solo sulla serie. Avverto solo della presenza di SPOILER da qui in avanti: ho cercato di trattenermi per quanto potevo, ma in alcuni punti è stato necessario fare alcuni accenni a particolari retroscena o personaggi.


La premessa da cui parte la trama di Fate/Stay night è questa: la conquista del Santo Graal, leggendaria reliquia che sarebbe in grado di esaudire un desiderio del suo possessore. Evocare e ottenere questo Graal non è affatto semplice: per farlo sette maghi prescelti dal Graal stesso dovranno sfidarsi in una lotta all'ultimo sangue, finchè non rimarrà uno solo di loro, quello più degno di possedere il magico oggetto. Ad aiutare questi maghi ci sono i Servant, Anime Eroiche che incarnano leggendarie figure del passato che i maghi convocano stipulando con loro un contratto e il cui compito è non solo quello di proteggere i propri Master (cioè i maghi che li hanno chiamati) ma anche quello di attaccare e togliere di mezzo gli altri opponenti. I Servant si dividono in sette classi: Saber, Archer, Rider, Caster, Assassin, Lancer e Berseker, ognuno con capacità differenti, ma tutti determinati ad aiutare il proprio Master nella lotta per il Graal: perchè anche al Servant vincitore è concesso un desiderio in caso di vittoria...
Emiya Shirou, il protagonista, apparentemente dovrebbe star fuori da tutto questo. Pur essendo infatti figlio adottivo di un mago, non ha ereditato il talento magico del padre e gli unici incantesimi che è in grado di fare sono quelli che permettono di rafforzare e riparare determinati oggetti. Non ha nemmeno idea di che cosa sia la Guerra del Graal e cerca di vivere la sua vita come un normale studente. Rimane coinvolto suo malgrado in questa battaglia dopo aver assistito per caso allo scontro tra due Servant, Lancer ed Archer, il secondo dei quali è al servizio di Rin Thosaka, sua compagna di scuola e membro di un'antica e prestigiosa famiglia di maghi. Nel tentativo di salvarsi da Lancer il ragazzo riesce quasi per caso ad evocare Saber, il Servant più potente, una bellissima ragazza che giura subito di proteggerlo ad ogni costo. Nonostante il suo spirito pacifico e il suo desiderio di rimanere fuori da ogni conflitto Shirou si ritrova a dover combattere per difendere se stesso e le persone a lui vicine dagli altri Master. Oltre a Saber ha dalla sua parte anche Rin, che decide di stabilire una momentanea alleanza con lui per togliere di mezzo i Master più pericolosi.
La trama poi prosegue sviluppando il primo dei tre "archi narrativi" (i vari filoni che si possono visualizzare nel videogioco e che, pur mantenendo gli stessi personaggi e simili situazioni iniziali, si evolvono poi in storie dal finale sempre diverso) della visual novel, quello intitolato Fate, dovel'eroina in primo piano accanto al protagonista è Saber.
Sì, con "eroina in primo piano al fianco del protagonista" intendo questo.
Ammetto che con quelle premesse avevo avuto alte aspettative per questa serie: la battaglia con le sue regole, la faccenda dei Servant e l'alone di mistero attorno al Graal mi avevano attirato molto e mi aspettavo una serie con tanta azione, strategia e intrighi. In parte non posso dirmi delusa: le battaglie ci sono, seppur non tutte siano spettacolari e molte vengano interrotte a metà a causa di imprevisti; il mistero riguardo al Graal c'è e gli intrighi (anche se in minima parte) sono presenti. Il vero problema è che secondo me tutto ciò è stato distribuito un pò troppo blandamente tra tutti i 24 episodi dell'anime. Insomma, il maggior difetto Fate/Stay night è la staticità.
Anche questo è un "dialogo di approfondimento".
Intendiamoci, io sono una che ama i momenti dialogati, quelli dove c'è più calma e dove i personaggi hanno occasione di presentarsi e svilupparsi. In Fate, grazie anche alla sua origine, questo è molto presente.
 Di recente ho avuto modo di recuperare la visual novel e, anche se non sono molto avanti nella storia (e ho pure il sentore di essermi ficcata in qualcosa di vagamente pornografico), ho avuto modo di vedere come i dialoghi tra i personggi siano il punto centrale:

Ok, lo ammetto: ora sto esagerando.















  


In fondo stiamo parlando di un videogioco dove le scelte del giocatore possono portare a finali diversi. A qualcuno piace, a qualcuno no.

Il mio ragazzo ad esempio pensava che il gioco fosse così...

...invece si è ritrovato davanti questo.
Attingendo quindi da una fonte simile era logico trovarsi di fronte ad episodi più tranquilli rispetto ad altri, e il problema non sarebbe stato nemmeno quello, se non fosse per il fatto che questi "episodi tranquilli" finivano a volte con l'essere tremendamente statici. In alcuni punti si percepiva un immobilismo atroce, con i personaggi che sembrava dovessero riempire il tempo pur di arrivare alla fine dell'episodio, senza però giungere ad una conclusione che avrebbe contribuito a far muovere un pò la trama. La colpa di tutto ciò secondo me sta in una persona: Emiya Shirou.

Il genio all'opera.

 Emiya Kiritsugu: un eroe dei nostri tempi.
Non c'è dubbio: è la caratterizzazione di questo personaggio il maggior difetto di tutto Fate/Stay night. Perchè? Lo spiego subito. Shirou è un ragazzo molto altruista, che non esita ad aiutare chiunque sia in difficoltà, anche se spesso capita che la gente si approfitti del suo buon cuore. La cosa bella è che nonostante lui stesso si renda conto di come alcune persone (leggi: Shinji Matou) gli chiedano favori solo per scrollarsi di dosso le loro incombenze, lui non può fare a meno di agire così, perchè vuole diventare un eroe. Cresciuto nell'amirazione del padre (che lui stesso reputava un eroe), vuole impegnarsi a tutti i costi a raggiungere questo obiettivo: come lui un giorno era stato salvato dall'uomo che poi lo ha adottato, anche lui salverà gli altri, in modo che nessuno debba soffrire. 
Ne consegue che una persona così trovi subito orrendo un meccanismo come quello della Guerra del Graal, soprattutto perchè non può chiamarsene fuori una volta evocata Saber. Ma il problema non sarebbe neanche quello: il fatto che Shirou affermi di non essere interessato al Graal e di voler combattere solo per difendersi e per impedire agli altri Master di fare del male a degli innocenti in sè non è un male. Ma quando lui comincia ad impedire a Saber di difenderlo perchè non sopporta vedere una ragazza combattere oppure quando si mette a ciondolare per casa in cerca di una soluzione ai suoi problemi, quello lo sopporto meno. Capisco e condivido i suoi dubbi nel gettarsi in una guerra insensata, e ammiro il fatto che non consideri Saber un semplice strumento e che voglia anche lui migliorare nel combattimento per darle una mano. La cosa che mi irrita è il modo in cui fa tutto questo: penso che gli ci siano voluti circa una decina di episodi per capire che forse Saber è un Servant di classe Saber per qualche valido motivo e per realizzare che forse supportarla nel combattimento è meglio che cercare di fare tutto da solo. Solo quando arriverà a questa mistica illuminazione comincerà davvero a migliorare come personaggio, e anche la visione ne guadagnerà molto. Certo, la sua estremizzazione del desiderio di diventare un eroe continuerà a risultare indigesta, però è un piccolo sacrificio che possiamo fare. C'è da dire che nonostante tutto questo non lo odio, o almeno...odio solo una metà di lui.
Ho apprezzato gli altri personaggi. Saber è una ragazza forte, che desidera ottenere il Graal per cercare di cambiare il passato e cancellare alcuni eventi avvenuti quando era ancora in vita. Nel corso della serie verremo a sapere sempre di più sulla sua storia drammatica e comprenderemo le motivazioni che la spingono a combattere. Spiace solo assistere al suo ammollimento a partire dalla seconda metà delle serie a causa dei suoi sentimenti per Shirou. Ammetto però di non essere una sostenitrice della coppia, e che quindi il mio giudizio negativo sul risvolto dei loro rapporti sia dovuto in parte a questo.
Ho adorato Rin sin da subito. Certo, risente un pò di una caratterizzazione tsundere che rischia di farla diventare stereotipata, ma sin da subito viene messo in risalto il suo carattere forte, determinato e soprattutto leale: nonostante affermi che l'alleanza con Shirou è temporanea e che loro due devono pur sempre considerarsi nemici, non trama mai contro contro di lui nemmeno in preparazione ad una loro futura lotta. Non appena diventano alleati lei fa di tutto per dargli una mano e il suo aiuto sarà determinante per il ragazzo. Interessante Archer, Servant anomalo avvolto nel mistero la cui verà identità qui non viene rivelata, anche se vengono lasciati qua e là piccoli indizi che certamente chi conosce la visual novel avrà sicuramente colto. Non trattandosi purtroppo dell'arco di storia dedicato a lui un maggiore approfondimento non era possibile, così come nemmeno si è potuto scoprire di più sul personaggio di Sakura, amica di Shirou e sorella di Shinji. Il suo ruolo nella serie infatti è stato molto secondario, mentre so che in Heaven's Feel è uno dei personaggi principali.
Ah...i bambini...
Come Rin, anche un altro personaggio risente un pò degli stereotipi del genere. Sto parlando di Ilya, membro della famiglia degli Einzbern e Master di Berseker, che ha alcuni tratti della lolita yandere. Forse qualcuno storcerà un pò il naso a vedere il suo strano "attaccamento" a Shirou, attaccamento che ho visto in parte giustificato alla luce di alcuni risvolti che però vengono introdotti nel recente Fate/Zero: dico solo in parte perchè a me disturba sempre comunque vedere una bambina che salta addosso ogni volta che può ad un ragazzo più grande di lei. Decisamente non sono una fan del lolicon, o dello shotacon.
L'animazione in generale mi è sembrata buona, a parte in alcuni punti. Tutto nella media, quindi.
Insomma, posso dire che Fate/Stay night mi ha delusa solo in parte. L'immobilismo di alcuni momenti che mi ha fatto mollare la serie una volta qualche tempo fa è bilanciato da una bella premessa di fondo che alla fine mi ha datto la spinta per ricominciare e finire queste serie e me lo fa pruomovere comunque. Senza ombra di dubbio si poteva fare di meglio (e allora avrei definito questo anime non semplicemente "OK, carino" ma "veramente bello"), ma penso che questo mio atto di fiducia nei riguardi di questo universo sia stato ripagato in seguito da Unlimited Blade Works e da Fate/Zero.  
Una serie imperfetta ma comunque buona.




lunedì 19 agosto 2013

Epic - Il mondo segreto

Visto che nel mio primo post avevo parlato di uno dei peggiori anime che io abbia mai visto, questa volta invece voglio scrivere di qualcosa che sono stata davvero contenta di vedere ultimamente.
Siamo sempre nell'ambito dell'animazione, ma questa volta ci spostiamo in Occidente, negli Stati Uniti: sto parlando infatti di Epic - Il mondo segreto della Blue Sky Studios, casa di produzione principalmente nota per L'era glaciale e relativi sequel, quattro film che pur con i loro numerosi alti e bassi hanno comunque divertito il pubblico di tutto il mondo.


Epic racconta la storia di MK (abbreviativo per Mary Kathrine), diciassettenne che ha da poco perso la madre ed è costretta a trasferirsi a casa del padre, un bizzarro ricercatore che ha dedicato anima e corpo al tentativo di scoprire un fantomatico "mondo segreto" abitato da piccoli esseri impegnati nella difesa della foresta. Poco legata al padre a causa della lunga separazione dei genitori, MK fa ancora fatica a convinvere con il genitore, che le appare concentrato unicamente in un progetto folle, basato su stupide fantasie. La ragazza però sarà costretta a ricredersi quando, per opera della regina Tara, entrerà in contatto con il popolo dei Leafmen, minuscoli guerrerieri protettori del bosco. MK si troverà così ad aiutare i Leafmen a salvare la foresta e i suoi abitanti dalle mire del malvagio Mandrake e dal suo popolo dell'oscurità.
La trama è a dire il vero piuttosto semplice, senza grossi sbalzi o sorprese. Questo forse può costituire il difetto maggiore del film: quello della protagonista che rinnega la famiglia d'origine per poi tornarvi maturata dopo una grande avventura non è esattamente uno spunto nuovo e rischia di diventare un pò banale. Una cosa simile (seppur con risvolti un pò diversi) si è vista anche con The Brave: un film buono ma che di sicuro non aggiunge molto di nuovo al tema delle principesse Disney (anche se il confronto/scontro tra  madre e figlia nel corso del film rimane interessante e molto moderno). C'è da dire comunque che la storia rimane godibile e che durante la visione non mi sono mai annoiata. Questo merito anche di alcuni dei personaggi, come Mub e Grub, che come spalle comiche se la cavano molto bene.

Uno lumaca, l'altro lumacotto: occhio a non confonderli!

L'altro quartetto di personaggi principali è abbastanza classico: MK e Nod sono i due giovani in contrasto con le rispettive figure paterne (Ronin e il professor Bomba). Pur sentendo affetto per le loro rispettive figure genitoriali se ne vogliono staccare per andare avanti da soli, ma impareranno nel corso della vicenda che certi ostacoli vanno superati assieme e che quelli che a loro sembravano vecchi e superati hanno ancora qualcosa da insegnare. Come ho scritto sopra si tratta di uno spunto non nuovo nel cinema, ma comunque sviluppato bene. Forse ci si poteva risparmiare il solito retroscena amoroso, ma chiuderò un occhio per stavolta. Una parentesi andrebbe aperta sulla regina Tara, la forza vitale della foresta: nonostante le sue brevi apparizioni l'ho trovato un personaggio interessante, intelligente, forte e con molto senso dell'umorismo. Peccato per la scelta alquanto discutibile di farla doppiare nella versione italiana a Maria Grazie Cucinotta: un lavoro tremendo, in netto contrasto con gli altri doppiatori, che invece se la sono cavata bene.

In Italia, si sa, è difficile trovare brave doppiatrici
Forse nemmeno la scelta di Massimiliano Alto per il professor Bomba era azzeccatissima, ma devo confessare che questo è più perchè con il passare degli anni mi sono abituata a sentirlo doppiare più personaggi giovani che uomini di una certa età. Rimane sempre molto più bravo della Cucinotta, ma su questo non ci piove.
Perchè secondo voi adoravo questo personaggio da piccola?
La mia paura più grossa in ogni caso era che il film fosse una specie di copia di Ferngully, a causa di alcuni spunti in comune (presenza di piccoli esseri, protagonista rimpicciolito e foresta da salvare), ma tutto ciò non si è avverato: in Epic la storia della foresta, del suo equilibrio tra le forze del bene e del male e la società dei Leafmen mi sono sembrate molto meglio abbozzate e più interessanti rispetto alle fatine e alla morale ecologica facile del film del 1992,
Concludo con un accenno a quello che è il vero punto di forza di questo film: l'elevato comparto tecnico. Perchè Epic è soprattutto un film bello da vedere. Come non rimanere incantati dalle meravigliose immagini della foresta che ci vengono presentate? Dagli alberi all'acqua, dai fiori alle foglie, tutto è perfetto e denota un grandissimo impegno nella realizzazione.

Questo ovviamente dà solo un'idea...

La Blue Sky in questo mi ha davvero stupito, perchè mi ha dimostrato di poter davvero puntare molto in alto. Son curiosa di vedere cosa proporranno per il futuro. Mi è spiaciuto di aver scoperto che ha avuto molti meno incassi rispetto ai film della saga de L'era glaciale, perchè a mio parere una visione la merita, anche solo per immergersi totalmente in un minuscolo e meraviglioso mondo a noi invisibile.

domenica 11 agosto 2013

Mars of Destruction - perchè anche l'animazione giapponese toppa alla grande

Chi si interessa di animazione giapponese forse non sarà nuovo ad una polemica che da un pò di tempo divide gli appassionati di anime e manga: che differenza c'è tra questi e la produzione occidentale? C'è chi afferma che una vera e propria differenza non esista: anime e cartoni animati sono l'uno l'equivalente dell'altro, dato che lo stesso termine "anime" è usato dagli stessi giapponesi in riferimento ai cartoni animati occidentali, essendo il primo la traduzione del secondo (la stessa cosa ovviamente vale anche per manga e fumetti). C'è invece chi dice che in realtà la differenza è grandissima: cartoni e anime secondo queste persone non sarebbero la stessa cosa, dato che i primi sarebbero sostanzialmente prodotti di qualità scadente, rivolti ad un pubblico infantile, mentre gli anime, oltre che indirizzati principalmente ad un pubblico adulto, sarebbero anche realizzati tecnicamente meglio, con storie approfondite e personaggi sempre interessanti.
A parte che penso che chi sostiene la seconda tesi non abbia mai visto "Il segreto di N.I.M.H.", il punto su cui ora vorrei soffermarmi è: davvero l'animazione giapponese sforna sempre prodotti di altissima qualità, con cui gli equivalenti occidentali non possono rivaleggiare? Non ne sono così sicura: guardo anime da quando ho 17 anni e anche se non posso dire di essere un'esperta in tanti anni ho visto sia programmi che considero capolavori che vaccate stratosferiche.
E quella di cui vi sto per parlare ragazzi miei sarei tentata di definirlo un capolavoro assoluto, ma putroppo rientra tra le vaccate stratosferiche, una delle peggiori, la prova definitiva che non tutto ciò che esce dai nipponici lidi è perfetto. Questo è "Mars of Destruction", un OAV del 2005 prodotto dalla Idea Factory, casa giapponese produttrice di videogiochi che ha pensato bene di realizzare questo obbrobrio come prequel di un loro gioco per Playstation 2. Il videogame non lo conosco, ma spero sia un tantino meglio di questa roba, anche se viste le premesse temo proprio di no.

 Eccolo, in tutta la sua gloria

Ma quali sono i problemi di "Mars of Destruction"?
Partiamo dalla trama. Già, la trama...ne ho sentito la mancanza, nei 20 minuti di visione. Comunque, in sostanza la storia dovrebbe essere questa: in un futuro non troppo lontano, una navicella spaziale sta rientrando sulla Terra. O almeno, ci sta provando, dato che evidentemente qualcuno si è dimenticato di mollare il freno a mano spaziale e per i primi minuti avremo la visione di questa nave che cerca disperatamente di avanzare non riuscendoci. Fatto sta che a furia di fare andare il motore a vuoto la navicella finisce con l'esplodere. Almeno, questa è la spiegazione che mi verrebbe da dare, dal momento che in tutto l'OAV non si capisce come mai quell'affare sia saltato per aria.
Fatto sta che qualche mese dopo questo avvenimento a Tokyo è in corso un attacco da parte di mostri misteriosi conosciuti con il nome di Antichi. Collegamento tra le due cose? Non credo di averlo capito. Comunque, a contrastare questi cattivoni c'è una squadra di polizia speciale formata da un gruppo di ragazzine (perchè ovviamente nel futuro le sedicenni potranno diventare super-poliziotte) e dal nostro protagonista, Takeru Hinata, giovane liceale costretto da un padre crudele a indossare la speciale armatura chiamata Mars, l'arma più efficace contro questi nemici. Tutto ciò non vi ricorda niente? Proprio niente di niente?

Davvero niente niente?

Tornando al nostro capolavoro...dopo le presentazioni dei nostri "eroi" assistiamo a un paio di combattimenti (se lanciare ragazzini in giro può essere definito un combattimento) e alla rivelazione shock degli ultimi due minuti. Fine. Certo, in 20 minuti non potevo aspettarmi "Il Conte di Montecristo", ma almeno qualcosa che mi incuriosisse (data l'origine pubblicitaria dell'OAV) sì. 
Peggiora le cose la quasi totale mancanza di dialoghi: avremo per tutto il tempo inquadrature sui vari personaggi intenti a non fare nulla, o al massimo a urlare "Takeru!" e a parlare del tempo. L'unico dialogo vero e proprio è quello tra il protagonista e il padre (o la sua proiezione astrale, dal momento che questi non compare) in cui il protagonista, con molto pathos e sofferenza, cerca di opporsi ai piani narcisistici del padre.

Ancora nessun collegamento particolare?

A rendere il tutto ancora più grottesco ci pensa la malsana idea dei realizzatori di inserire come colonna sonora pezzi di pezzi di musica classica (la ripetizione è volontaria) assolutamente a casaccio durante i combattimenti e senza alcuna logica di fondo (si passa infatti da Debussy a Wagner con una rapidità disarmante). Se l'idea era quella di fare un omaggio a Stanley Kubrick temo abbiano fallito.

Praticamente è lo stesso film

Delle animazioni non parliamone nemmeno: quello che ho detto poco sopra a proposito della navicella "bloccata" nello spazio penso possa valere per dare un'idea dei livelli a cui siamo.
Nemmeno i personaggi si salvano da questo scempio. Le componenti della forza speciale di polizia non hanno nessuna caratterizzazione: si distinguono semplicemente per il colore dei capelli e per il fatto che hanno abilità combattive diverse (almeno questo è ciò che vogliono far sembrare all'inizio, dato che alla fine tutte si limiteranno a usare pistole laser e a farsi pestare dai mostri). Si tenta un minimo di approfondimento su Takeru, accennando al suo rapporto col "padre malvagio ecc...", ma non va molto meglio: alla fin fine una scena di mezzo minuto in cui uno urla "Non voglio essere costretto a indossare una tuta che ridurrà il mio punto vita dell'80%!" non vale molto come introspezione psicologica.

A che serve una dieta ipocalorica quando hai un'armatura come questa?
Altri personaggi di spicco non ce ne sono, a meno che non vogliamo fare un accenno alle comparse buone solo per mostrarci come morire in modo assolutamente stupido e divertente allo stesso tempo.

BOOM! HEADSHOT!

L'unica cosa che mi sento di salvare di tutto ciò è lo splendido lavoro di fansub dei Pluschan, che per allietare la visione ai poveri malcapitati che hanno avuto l'infelice idea di visionare questo schifo hanno pensato bene di inserire commenti personali a molte scene (oltre che fornire una serie di sottotili "alternativi"). A pensarci bene però questo non è merito dell'anime in sè.
Per concludere, prodotto pessimo sotto tutti i punti di vista. Ne sconsiglierei la visione a chiunque voglia guardare un programma "serio", ma se sentite che manca qualcosa alla vostra videoteca del trash personale, eccolo qui: "Mars of Destruction" fa proprio per voi.
Perchè nemmeno in Giappone le azzeccano sempre tutte.